"The Illuminating Gas’, installazione di Cerith Wyn Evans, Milano Hangar Bicocca, 2020. Courtesy A. Pace
PDF per stampa: leggere comodi e sani
Ho sentito dire che Moshe Feldenkrais era in grado di saltare da fermo sopra un tavolo, e questo dopo essersi curato da sé gravi problemi ad un ginocchio per evitare un intervento chirurgico che a quei tempi sarebbe stato devastante, ciò che lo condusse all’elaborazione del Metodo.
Conoscendo altri fatti della sua storia penso sia leggenda, ma considerato il personaggio e quel che ha fatto con la sua magia mi piace credere che sia vero, perché ha fatto di più.
“Ci dicono spesso che Moshe sviluppò il suo lavoro per via di un problema che aveva al ginocchio. Penso sia fondamentale ricordarsi che il Metodo Feldenkrais è storicamente collegato, fin dal suo inizio, con una persona impegnata a migliorare la propria situazione e il proprio destino: ha a che fare con il processo di espansione della consapevolezza della persona mentre essa giunge a comprendere sé stessa. Feldenkrais non è partito con l’idea di imparare il metodo Feldenkrais o di acquisire e padroneggiare un sistema: è partito con l’idea di aiutare sé stesso e di esplorare chi era lui. Ed è questo dono di auto-esplorazione e di auto-scoperta che ha offerto agli altri. Nel fare questo, ha legittimato la possibilità che il nostro lavoro provenga dalla nostra stessa scoperta di noi stessi, non dall’applicazione del metodo di qualcun altro.
[…] Arrivai a comprendere che ciò che Moshe aveva sviluppato in tutti quegli anni di lavoro con e su sé stesso, era lui stesso. Aveva dedicato del tempo a sviluppare le abilità necessarie a sfuggire alla propria formazione culturale e ai propri pregiudizi, per riuscire a vedere nuove possibilità d’azione. Era l’allenamento all’attenzione e alla consapevolezza aperta, maturate in anni di auto-esame e di auto-conoscenza, a produrre gli stupefacenti risultati da lui ottenuti.”
Martin Weiner, Conferenza XVI Convegno Annuale della Feldenkrais Guild Nord America, NY 1993.
Dare un valore alla coscienza come fosse una merce non è banale se si pensa a quanto sia ricercata come qualità di scambio in tutto ciò che viviamo, pur senza essere riconosciuta.
In ogni lavoro, anche il più semplice, nelle relazioni, nella cura e nell’accudimento, nel crescere e nell’educare, ma soprattutto nell’attenzione alla vita, il “come si è, mentre lo si è e lo si fa”, è fondamentale.
Nel quotidiano può passare inosservato, per esempio, l’atteggiamento di un taxista con cui scambiamo solo poche parole; se però intercorre una qualche azione significativa, può fare la differenza nella nostra esperienza.
Se scopriamo che il taxista ha aumento il prezzo della corsa in evidente malafede possiamo sentirci presi in giro e lasciarci prendere dalla rabbia; oppure possiamo accorgerci di avere un’occasione per osservare noi stessi e ciò che accade: ci plachiamo e, anche se apostrofiamo il soggetto in questione, in realtà non ci scalfisce. Darci modo di ‘vedere’ l’altro e noi stessi con distacco ci rende calmi e più efficaci. È importante? Sì, ma è cosa da poco.
Ben diverso è quando invece osserviamo una persona che si occupa di un nostro ‘bene’, che sia un bambino o un adulto (ma anche un animale o una pianta, un oggetto), allora la nostra attenzione si acuisce e, secondo il nostro grado di consapevolezza, ‘percepiamo’, anche senza accorgercene, la quantità e la qualità di coscienza che quella persona possiede e agisce su chi amiamo. Quasi sempre ciò corrisponde a quel certo tipo di temperamento, a quel preciso tipo di capacità, ecc... Naturalmente le sfumature sono infinite e anche gli errori di valutazione, poiché noi stessi potremmo non avere la chiarezza di vedute necessaria a discernere.
Situazioni diverse, diverso coinvolgimento, ma quanto è bene essere lucidi e presenti in ciò che avviene?
“La maggioranza delle persone vive una vita allo stato larvale, non arriva alla vera maturità dell’essere, come se la cultura impedisse che le persone vadano troppo al di là della condizione della maggioranza, che non è una condizione di maturità emozionale. Per esempio la maggioranza delle persone non arriva all’amore, alla felicità che sarebbe intrinseca alla natura umana, come se fosse vorace di superficialità e senza la possibilità di potersi sentire piena.”
Claudio Naranjo, Riflessioni sul Senso della Vita, intervista di Ivo Nardi, 2012
Quindi, quanto può valere una persona con un alto livello coscienziale? Tanto. Cosa cambia nella società? Tutto.
Invece la coscienza non è quotata in borsa, non interessa le leggi di mercato, è fondamentale per tutti ma pochi la scoprono, la si compra spesso sottoprezzo e sottotraccia, talvolta è ammirata ma le si dà un altro nome, talaltra è inconsciamente invidiata e, al dunque, invisa; è argomento imprescindibile di filosofie e psicoterapie, ma comunemente non la si nomina, non la si cerca, non la si fa (il ‘fare anima’ di James Hillman).
Motivo di questo è che la coscienza è energia pulita, prodotta ad alto impegno, ma gratuita: voi vedete nel mondo qualcosa di pulito e gratuito che possa prosperare in pace?
Una società fondata unicamente sul profitto ha la necessità di allontanarci da noi stessi e dalla nostra presa di coscienza autonoma, unico strumento attraverso il quale possiamo guarire noi stessi e cambiare il futuro.
L’inganno è così ben radicato in noi da indurci a quell’autoindulgenza che ci porta a scavalcare i valori etici su cui si fonda la vita e, per comodità, a trovare in automatico il modo di autoassolverci senza nemmeno riflettere.
Il buio c’è, e sta dentro a tutto ciò che accade.
Ma il Metodo è qui per questo, dunque facciamo coscienza insieme con un semplice movimento.
“Non sono io che vi cambierò: il cambiamento lo troverete voi stessi. Troverete quel cambiamento che non avete mai saputo come raggiungere: essere padroni di voi stessi con dignità; e questa è una cosa straordinariamente difficile da fare, e la cosa più importante da fare."
M. Feldenkrais, trascrizione dal seminario di New York, 1980
Qui si offre un tipo specifico di coscienza, che si muove insieme e oltre al corpo.
Ogni volta che seguiamo una lezione, rientriamo sempre più in possesso di noi stessi, cioè facciamo una nuova conoscenza di noi, non solo come corpo, ma come l’individuo completo di cui abbiamo perso le tracce più autentiche nell’inutile brusio del mondo.
In una frase di Feldenkrais, un modo semplice di spiegare uno dei molti aspetti pratici del termine coscienza: ‘se sai cosa fai, puoi scegliere cosa fare’.
‘Osservare sé stessi in modo da poter sentire le sottili connessioni inconsce fra tutte le parti di sé.’ M.Feldenkrais
Ciò significa divenire coscienti e coerenti, avere la libertà di scegliere per prendere decisioni responsabili, non essere influenzabili dall’esterno se non per quanto si ritiene necessario, e mai contro la propria natura.
Quanto può valere questo?
“La consapevolezza ci restituisce a noi stessi. È l'unica forza che conosco a esserne in grado. È la quintessenza dell'intelligenza fisica, emotiva e morale. Sembra che abbia bisogno di essere evocata, ma in realtà è sempre disponibile, tutto il tempo, deve essere solo scoperta, ritrovata, abbracciata, abitata. È qui che entra in causa il processo di raffinazione, nel ricordarsi e poi nel lasciar andare e nel lasciar essere, nel rimanervi tranquilli, per dirla con le parole del grande poeta giapponese Ryokan: "Solo questo, solo questo".
Jon Kabat-Zinn
Coscienza non è il pensiero del mentale inferiore, ma è l’Essenza di cui siamo fatti, e poi l’insieme delle acquisizioni di conoscenza da esperienza diretta, interna o esterna, cioè essere presenti in ciò che siamo, facciamo e incontriamo, e che arriva poi ad esprimersi nel quotidiano in modo spontaneo, in ogni situazione o funzione.
L’acquisizione e l’espansione di coscienza passano per piani silenziosi, non intellettivi, e ce ne accorgiamo con la mente quotidiana solo a posteriori e inaspettatamente.
Questi piani non razionali sono in contatto diretto col corpo che altrettanto vive di Silenzio. Perciò può accadere che un’acquisizione di coscienza, generata di momento in movimento durante le lezioni Feldenkrais, attivi un miglioramento fisico senza che la personalità se ne accorga, finché un giorno notiamo con sorpresa di riuscire ad infilarci una maglia senza sentire quel dolore alla spalla cui eravamo abituati.
E via così, anche nelle cose più importanti.
“L’attenzione a sé, quando diventa pratica quotidiana, è un fattore transpersonale. Direi di più: il livello di attenzione di una persona è un’energia che si irradia e l’esperienza gruppale è un fattore molto importante di questo passaggio di attenzione attraverso la quale anche le parole producono un effetto amplificato, come se fosse puntato un faro luminoso su ciò che si osserva. Nella Gestalt, in modo particolare, l’attenzione è molto più che un mezzo per scoprire qualcosa, l’attenzione è un fattore di sanità in sé stesso. Si può dire che la Gestalt ha la pretesa di restaurare la capacità di attenzione, la capacità di stare nel qui ed ora, che non è stare qui ed ora per capire qualcosa del passato, ma piuttosto di capire “a volte” qualcosa del passato per poter stare qui ed ora. L’attenzione è fine a sé stessa, è come un diritto, qualcosa che appartiene alla salute e che merita di essere restituito all’uomo.”
Claudio Naranjo
Lo strumento a cui tutti gli esponenti di teorie e pratiche evolutive fanno riferimento quale via assoluta e imprescindibile per la crescita personale, è l’Attenzione. Essa è quel che necessita al superamento di ogni trattenimento ed al conseguimento del ripristino del proprio senso di Essere.
Deepak Chopra ci racconta come agisca concretamente tra interiorità e corpo
“Ricordate che l'attenzione è in grado di far esistere una particella colta nell'ampiezza delle probabilità, nel campo di tutto il possibile. L'attenzione è il meccanismo che causa l'evento spazio-temporale nel campo delle possibilità. Se, dunque, la si rivolge su una determinata caratteristica del campo, questa non solo verrà rivelata alla coscienza, ma si realizzerà completamente nella nostra vita.
È stato scientificamente provato che quanto avviene nella mente si traduce in molecole, veri e propri messaggeri dell'universo interiore. Sono l'equivalente del pensiero. Queste molecole sono state chiamate neuropeptidi perché i ricercatori le hanno osservate per la prima volta nel cervello. Ora sappiamo che i neuropeptidi non si trovano solo nel cervello, ma anche in tutte le altre cellule del corpo.
Formulare un pensiero non è dunque una reazione chimica veramente cerebrale: interessa tutto l'organismo. Ogni pensiero che fate, ogni vostra idea invierà un messaggio chimico fin nel centro della consapevolezza cellulare.”
Deepak Chopra, La via della prosperità. Armenia ed.
In effetti è ciò che ricordo bene di alcune esperienze personali in cui in modo diverso, il suono, la lettera, la parola o un pensiero, erano per me in quel momento, vivi e presenti nel corpo; soffermandomi nell’osservazione e lasciando andare ogni aspettativa per quanto fosse nelle mie capacità, ho potuto vedere ed essere dentro e oltre la forma, in uno stato armonico difficilmente riscontrabile nella vita comune, e che è facile riconoscere come transpersonale. Chi riesce ad educare la mente può permanere e progredire. È un lavoro pieno di prospettive.
“Così, in quell'attimo, si scopre che non esiste dicotomia tra corpo e mente, l'attenzione si muove come il pensiero e quanto il corpo. Ma allora ciò che muoviamo è corpo o è pensiero? Dove finisce il pensiero, dove inizia la fisicità? E dove sentiamo nel corpo certe emozioni?
Il movimento dunque si rivela come la metafora necessaria per trasportarci immediatamente ad altri livelli di comprensione riguardo a noi stessi e ai principi di vita.
E come possiamo trasferire questa consapevolezza, generata dal movimento, alle altre sfere della nostra vita?”
Mara Della Pergola
In realtà, la risposta a queste domande si esprime nel fatto che non esiste separazione tra le sfere componenti il nostro essere e il fluire della coscienza in ogni dove avviene da sé, inosservato.
Come nell’innamoramento autentico, tra due persone ma anche riguardo a un progetto importante, o stando nella natura: quell’osservare spontaneamente con desiderosa piena attenzione, senza giudizio e con la profondità che solo l'amore sa dare, ci porta a ritrovarci nel Flusso di coscienza, e possiamo sentire l’unione, non più due ma Uno. Che grandioso regalo. Molecole di felicità si sono generate. Infatti quando ci si innamora accade che il corpo sia risanato e che ritrovi la sua forma migliore.
Il corpo è un portale. Ogni parte di esso è un accesso in direzione verticale alla Coscienza superiore, per la vita, la conoscenza, la salute e l'azione nuova
“Per la maggior parte delle persone la vita è un processo di espansione orizzontale, come fosse un albero che non cresce verticalmente. La vita non è solamente vivere di più, la vita è anche più che vivere, è intrinseco alla vita un movimento verticale di trascendenza, in questo senso completo della vita come evoluzione, di crescita, al di là dei suoi limiti, in questo senso credo si possa dire che il senso della vita è vivere.”
C. Naranjo
Questo è accedere al Flusso di Coscienza, passo dopo passo; se impariamo ad entrarvi, e non importa di quanto ma con che qualità, possiamo aver accesso anche alle nostre capacità di auto guarigione.
La straordinarietà del Metodo consiste nel semplificare ed agevolare questo processo evolutivo attraverso il ‘come fare’ del corpo.
Credo proprio che Feldenkrais abbia compreso la portata delle intuizioni a cui ha dato vita: la possibilità per chiunque di trascendere il corpo attraverso il corpo, risanando la propria vita. E immagino cosa avrebbe potuto aggiungere se fosse rimasto con noi più a lungo. Peccato.
“Nella nostra vita quotidiana, le visioni intuitive dirette, che penetrano nella natura delle cose, sono normalmente limitate a istanti estremamente brevi. Non è così nel misticismo orientale nel quale esse durano per periodi più lunghi e infine diventano uno stato di consapevolezza continuo.
[…] La conoscenza assoluta è quindi un'esperienza della realtà totalmente non intellettuale, un'esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario, che può essere chiamato uno stato meditativo o mistico. Che uno stato di questo tipo esista, non solo è testimoniato da numerosi mistici in oriente e in occidente, ma è anche indicato dalla ricerca psicologica. Come dice William James: ‘La normale coscienza dello stato di Veglia, che chiamiamo coscienza razionale, è soltanto un tipo di coscienza particolare, mentre tutto intorno ad essa, separate da schermi sottilissimi, esistono forme potenziali di coscienza completamente diverse’.”
J. Kabat - Zinn
Trascendere la fisicità anche solo per alcuni istanti è un passo molto importante per abituarci a prendere contatto con il nostro vero Sé, che è incorporeo e possiede proprietà da riequilibranti a taumaturgiche (secondo gli stati di coscienza di ognuno) essendo Spirito individuato, o se preferite, facendo esso parte del Vuoto quantistico.
È da notare che a chi vive una dimensione mistica queste affermazioni sul Sé risultano grottesche, giacché esso è per il transpersonale la sorgente di ogni Realtà visibile o non, dell'Universo come del quark... ma si devono trovare parole per comunicare.
Se gli atomi sono costituiti in massima parte di vuoto e le particelle più piccole non sono materia densa ma pacchetti di energia, ecco che l’incorporeità diviene evidente anche per chi come me non si intende di fisica. È il cervello che ha il compito di tradurre le frequenze in percezioni della materia rispetto ai sistemi interessati e con il corollario di piaceri e dolori. incredibile.
Ciò che la tradizione Vedica testimonia da qualche millennio ora è semplice constatazione.
Chi ha un poco di familiarità con la Realtà dello Spirito potrà comprendere, chi non ce l’ha può avvalersi della fisica moderna e dell’esperienza diretta del Metodo: il trascendere è una possibilità, lo star bene è certo.
“La pratica di esplorazione del corpo sottile porta progressivamente al decondizionamento del nostro cervello. Le nozioni di tempo e di spazio vengono messe in discussione durante queste aperture. Allora si presentano chiaramente i luoghi della geografia sacra.
In questo spazio vacante l’esperienza corporea passerà tramite una successione di trasformazioni dal più grossolano al più fine, sino a presentarsi lo spazio di vacuità senza riferimenti, analogo al riconoscimento del Sé.”
Eric Baret, Yoga Tantrico
“L’essere umano è una parte di quel tutto che noi chiamiamo “Universo”, una parte limitata nello spazio e nel tempo. L’uomo sperimenta sé stesso, i suoi pensieri e i suoi sentimenti scissi dal resto — una sorta di illusione ottica della propria coscienza. Lo sforzo per liberarsi di questa illusione è l’unico scopo di un’autentica religione. Non per alimentare l’illusione ma per cercare di superarla: questa è la strada per conseguire quella misura raggiungibile della pace della mente.”
Albert Einstein in una lettera a Robert S. Marcus, 1950
Nella mia ricerca individuale ho assistito a questo fatto che credo comune a tutti gli esseri umani, e cioè che le esperienze interiori ed esteriori avute nel tempo, secondo il grado di attenzione nel momento in cui avvenivano o indipendentemente dal fatto che io le cogliessi o meno, sono andate comunque ad ampliare le mie competenze e il mio livello di coscienza.
Moshe Feldenkrais diceva: ‘Imparerete malgrado voi stessi’. Cosa intendeva dire? Forse che esiste un sistema evolutivo indipendente dalla nostra volontà e dal nostro libero arbitrio? Di certo è qualcosa che comprende tutti i contenuti cui si accenna in queste pagine e molto altro. Per esempio quella Realtà senza la quale non esisterebbero le dimensioni che conosciamo.
Ecco la Realtà che Moshe Feldenkrais ci tratteggia, dal suo punto di vista di uomo e studioso
“Senza mai fermarci a dubitare, ci comportiamo come se gli altri avessero la stessa nostra realtà soggettiva. Eppure ci sono tante realtà soggettive quanti sono i soggetti. La parte comune a tutte le realtà soggettive è l'unica realtà oggettiva: c'è una sola realtà oggettiva per tutti, quella che usiamo nella comunicazione interpersonale.
C’è, ovviamente, una terza realtà, che con ogni probabilità è più antica delle altre due. Si ammette che questa Realtà (con la R maiuscola) esista comunque, indipendentemente dal fatto che siamo vivi oppure no, che la conosciamo oppure la ignoriamo. Essa è immensamente più complessa, ed è conosciuta solo superficialmente attraverso la scienza, la filosofia, la musica e la poesia.
La Realtà non è, fino ad ora, mai stata percepita nella sua totalità. La nostra convinzione di conoscere la Realtà è pura illusione; quello che vediamo è il velo di Maia, e serve solo a darci la misura della nostra ignoranza. Naturalmente io so che la nostra coscienza e consapevolezza possono accrescersi e che, se opportunamente comprese e sviluppate, potranno permetterci di addentare, masticare e assimilare un pezzo di Realtà molto più grande.”
M. Feldenkrais, Il caso di Nora, Astrolabio ed.
Le realtà apparentemente causali che viviamo fanno parte del 'gioco' della Coscienza, la quale è però generata dalla Realtà, sorgente assoluta non causale. Un parallelo con la fisica moderna indica questa sorgente come Vuoto (ha una sua frequenza acustica generatrice che ci riporta al Verbo, Soffio o Tao delle mistiche) da cui origina il Campo quantistico, cioè l’armonia coerente che dà vita al gioco del creato.
Nella concezione orientale, la realtà soggiacente a tutti i fenomeni trascende tutte le forme e sfugge a tutte le descrizioni e specificazioni. Di essa, perciò, si dice spesso che è senza forme, vacua e vuota. Ma questa vacuità non dev'essere presa per semplice non-essere. Essa è, al contrario, l'essenza di tutte le forme e la sorgente di tutta la vita.
[…] Dunque, il vuoto dei mistici orientali è certamente paragonabile al campo quantistico della fisica subatomica. Come il campo quantistico, esso genera una infinita varietà di forme che sostiene e, alla fine, riassorbe.
Come dicono le Upanisad, ‘In calma, adori Lui da cui è venuto in cui si dissolverà in cui oggi respira.'
Le manifestazioni fenomeniche del Vuoto mistico, come le particelle subatomiche, non sono statiche e permanenti, ma dinamiche e transitorie; entrano nell'esistenza e svaniscono in una incessante danza di movimento e di energia. Come il mondo subatomico dei fisici, il mondo fenomenico del mistico orientale è un mondo di samsāra, di continua nascita e morte. Essendo manifestazioni effimere del Vuoto, le cose in questo mondo non hanno alcuna identità fondamentale.
F. Capra, Il Tao della fisica, Adelphi ed.
C’è però per i mistici una sostanziale differenza tra Coscienza e Consapevolezza, mentre in occidente i due concetti vengono spesso presentati come sovrapponibili.
Ecco le parole di uno tra i grandi Illuminati indiani, Sri Nisargadatta Maharaj, dalla raccolta di incontri con gli allievi, come sintesi dell’esperienza concreta dei veggenti di ogni tradizione sulla differenza tra le due Realtà
“La coscienza è parziale e mutevole, per contatto con il manifesto duale, è sempre relativa a qualcosa, al suo contenuto. Per mezzo della coscienza viene mostrato l'intero Cosmo e il suo straordinario vibrare. L'intero Universo costituisce il corpo della coscienza, è la relazione tra tutti gli esseri e la coscienza che dimora nel cuore di ognuno; il corpo è la nostra coscienza di essere.
Al centro della coscienza vi è ciò a cui non può essere dato nome né forma, perché è privo di qualità ed è al di là della coscienza. È un punto nella coscienza, oltre la coscienza, come un buco in un foglio di carta: è nella carta ma non fa parte della carta. Così lo stato supremo è nell'esatto centro della coscienza simile a uno spiraglio nella mente attraverso il quale la mente è inondata di luce. Lo spiraglio non è la luce, è solamente un'apertura, la luce in sé può essere paragonata a una massa di pura consapevolezza.
La consapevolezza è l’Assoluto, è lo stato originario, senza inizio, senza fine, non causato, senza base di sostegno, indiviso e immutabile, totale, immutato, è quieta e silenziosa matrice di ogni esperienza. Non può esserci coscienza senza consapevolezza.
C'è consapevolezza in ogni stato di coscienza; la coscienza stessa di essere coscienti è già un movimento nella consapevolezza. L'attenzione al flusso di coscienza porta alla consapevolezza, cioè l’esistenza originale e fondamentale che è la vita stessa ed è anche amore e gioia.”
Sri Nisargadatta Maharaj, Io sono quello, Astrolabio – Ubaldini ed.
“Io credo che la conoscenza del divino sia presente in tutte le tradizioni ed è secondario se la si chiama “divino” oppure no. Lao Tze per esempio dice che il Tao è la “nonna di Dio”. Invece di essere chiamato Dio, Il Tao è come un principio più arcaico che non si personalizza. Si può dire che Dio è un antropomorfismo, il che è perfettamente permesso, anche se, per una mente filosofica, può essere meno soddisfacente. Addirittura nel Cristianesimo ci sono stati teologi come Dionisio Aeropagita, che insistono sul “Deus Absconditus” e sull’oscurità del divino, sullo sconosciuto dal punto di vista intellettuale, che si trova più in là dell’idea di Dio.
Ad ogni modo, che il divino lo si chiami Tao, lo si chiami Dio o lo si consideri come la natura della mente, è qualcosa di presente nella vita dei ricercatori di tutte le culture e se s’incontrassero non ci sarebbe il limite delle parole per riconoscersi mutuamente. Quelli che si sono risvegliati, nelle diverse vie, scoprono che la coscienza è una e s’incontrano in una risonanza che non ha bisogno di appoggiarsi sulla comparazione di teorie. Anche a livello pratico e tecnico c’è una grande somiglianza tra le vie, per esempio cose concrete come l’uso della respirazione per entrare in contatto con una coscienza più sottile, si trovano tanto nella tradizione Buddhista giapponese quanto nella tradizione Sufi o nelle terapie corporali moderne. Includerei anche le vie di crescita occidentali, sebbene non abbiano l’antichità né l’autorità così provata attraverso i secoli delle vie orientali, si possono però vedere dei punti di contatto, punti di somiglianza molto grandi. In “The one quest” c’è un chiarimento della natura del processo, io dico che uno degli aspetti è il risvegliarsi.
Tutte le vie hanno a che vedere con il passaggio dall’incoscienza alla coscienza, si tratti della psicologia freudiana, della via del risvegliarsi del Buddhismo o della via del risveglio del Sufismo. Si tratta dello sviluppo della coscienza stessa. Tutte le vie riconoscono anche il bisogno di un cambio di identità, dal piccolo Io al grande Io, dall’Io fittizio, dalla piccola mente con cui ci identifichiamo quotidianamente, a quella che si potrebbe chiamare in alternativa la “grande mente” o Sé o come lo si voglia chiamare.”
C. Naranjo
Quel che Naranjo indica come vie di crescita occidentali e che oggi vengono anche indicate come ‘lavoro su di sé’, hanno avuto nel tempo nomi differenti, più spesso, ma non unicamente, legati ad una tradizione sapienziale o religiosa, come per esempio, via di conoscenza, alchimia interiore, percorso mistico o iniziatico, catechesi, ritiro spirituale, danza sacra, pratica esoterica o meditativa, servizio devozionale e altri ancora, ma ognuna di queste vie è ricerca di conoscenza e di contatto con il trascendente. Semplificando molto, si tratta di percorsi di educazione interiore che hanno come obiettivo la conoscenza profonda di sé e di sé rispetto al mondo, al fine di raggiungere livelli sempre più alti di coscienza o di trascendenza spirituale.
Questa ricerca si svolge con modalità diverse secondo il tipo di insegnamento, filosofia o religione cui si fa riferimento, ma i fondamenti sono comuni anche a tutti i percorsi che sviluppano l’equilibrio interiore e fisico, quelli non espressamente individuati come esoterici, per esempio il Metodo Feldenkrais o la Mindfulness di Jon Kabat-Zinn, ma penso anche ad altri metodi importanti come quello di Arno Stern, o le discipline artistiche e coreutiche, la Musica e il teatro, naturalmente. Anche la psicoanalisi e talune psicoterapie sono da considerare.
Però noi possediamo già i fondamenti, nell’infinitesimo…
“La coscienza è a portata di mano: la consapevolezza è la nostra vera natura, è connaturata in noi, è nei nostri corpi, nella nostra specie. Si potrebbe dire che la facoltà cognitiva, quella dote di conoscenza non concettuale, sia l'essenza di ciò che chiamiamo “mente”, insieme con la vacuità e l'illimitatezza, che il buddhismo tibetano considera aspetti complementari di quella medesima essenza.
A quanto pare la capacità di essere consapevoli è innata in noi. Noi non possiamo fare a meno di essere consapevoli: è la caratteristica che definisce la nostra specie. È una capacità che ha fondamento nella nostra biologia, ma si estende ben al di là della mera vita biologica: è quel che siamo, è ‘chi’ siamo realmente. Eppure, se non la coltiviamo e affiniamo e in un certo senso anche proteggiamo, la nostra capacità di coscienza tende a lasciarsi ricoprire dai viluppi dei rampicanti e del sottobosco restando debole e sottosviluppata, in un certo senso null'altro che una potenzialità latente.
Coltivata e rafforzata, la facoltà di coscienza illumina la nostra vita e illumina il mondo; ci garantisce livelli di libertà che a mala pena riusciamo a immaginare, anche se è proprio da essa che si origina la nostra stessa immaginazione.
Ci garantisce anche una saggezza che, una volta sviluppata, può tenerci lontani dalla nostra tendenza a nuocere, volutamente o involontariamente; al contrario, è in grado di curare le ferite e di farci rispettare la sovranità e la natura sacra degli altri esseri senzienti a noi compagni, dovunque si trovino.
J. Kabat-Zinn, Riprendere i sensi, TEA pratica ed.
Alcuni di questi fondamenti essenziali stanno naturalmente nell’apprendimento dell’essere presenti a sé stessi, nell’allenamento dell’attenzione, nella progressiva padronanza sui tre corpi di base della personalità e l’apertura di una zona di quiete nel rumore mentale, fino al formarsi di uno spazio di accoglienza per l’imprevedibile meraviglia del mentale superiore che, banalizzando, si può indicare come il livello da cui provengono le ispirazioni e le intuizioni, pratiche, artistiche e mistiche.
Da J. Kabat-Zinn
Hai mai fatto l’esperienza di fermarti del tutto,
di essere così totalmente nel tuo corpo,
di essere così totalmente nella tua vita
che quel che già sapevi e quello che non sai,
e quel ch’è stato e quel che ancora dev’essere,
e le cose come stanno proprio ora
non ti danno neanche un filo d'ansia o disaccordo?
Sarebbe un momento di presenza totale,
al di là della lotta, al di là della mera accettazione,
al di là della voglia di scappare o sistemar le cose o tuffarcisi
dentro a testa bassa:
un momento di puro essere, fuori dal tempo,
un momento di pura vista, pura percezione,
un momento nel quale la vita si limita a essere,
e quell'”essere” ti prende, ti afferra con tutti i sensi,
tutti i ricordi, fin dentro i geni,
in ciò che più ami,
e ti dice: benvenuto a casa.