Moshe Feldenkrais e Mark Reese
PDF per stampa: leggere comodi e sani
“La percettività di Feldenkrais sembrava sfidare i limiti dei nostri sensi ordinari. Feldenkrais poteva toccare la testa di una persona e sentire schemi di contrazioni muscolari in regioni lontane da dove erano posizionate le sue mani, come la colonna vertebrale, il torace e il bacino, fino ai piedi; toccando e premendo sui piedi, poteva sentire le reazioni fino alla testa […]
I principi che appartengono al metodo Feldenkrais superano le distinzioni tra guerra e pace, competizione e cooperazione e riflettono accuratamente l’ordine sottostante della natura. Tale generalità, intesa come fondamentale per la complessità, è il segno distintivo di contributi duraturi alla conoscenza e alle capacità umane.”
Mark Reese, A life in movement, ReeseKress Somatics Press, 2015
Dal sito AIIMF (Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkrais) ecco un breve estratto di repertorio che mostra Moshe Feldenkrais al lavoro in una lezione di gruppo del Metodo.
Le sue parole raccolgono il cuore del suo lavoro e nel modo di muoversi degli allievi è evidente l'approccio alla lentezza, alla comodità e alla libertà di scelta di ognuno, caratteristiche fondamentali per il recupero del benessere.
che la posizione degli allievi non scoraggi! questa è una lezione avanzata
Dagli archivi della International Feldenkrais Federation, per l'Associazione Italiana Insegnanti Metodo Feldenkrais
Feldenkrais Professional Training Program, Amherst, Massachusetts, USA, 1980-1981.
“Moshe Feldenkrais aveva una solida formazione scientifica, era un ricercatore curioso e sensibile, che sapeva creare ponti logici tra discipline diverse. Integrava i principi delle arti marziali con le conoscenze di fisica, biomeccanica, psicologia, pedagogia, cibernetica ed era un uomo di azione, un pioniere.
La sua grande abilità è stata quella di riuscire a trasmettere principi astratti o pensieri complessi per mezzo della dimensione corporea. La comprensione che nasce dunque dall'azione e dalla percezione.”
Mara Della Pergola, Moshe Feldenkrais e l'integrazione di movimenti, sensazioni, sentimenti e pensieri, Riflessioni Sistemiche - N° 26 giugno 2022
Tutto quel che riguarda la storia scientifica del Metodo e la poliedricità dell’iter professionale di Moshe Feldenkrais, è riconosciuto e divulgato a livello internazionale. Ne trovate traccia nei siti di tutti gli insegnanti Feldenkrais, ma anche in altri contesti scientifici.
Nel sito a lui dedicato da Anat Baniel, trainer internazionale Feldenkrais e amica, c’è la sua storia e diverse immagini particolari. Molto interessante e tenero.
Qui una biografia di Moshe Feldenkrais, nel perfetto capitolo tratto dal best seller di Norman Doidge, neurologo e psicoterapeuta, ‘Le guarigioni del cervello’, una ricerca sugli studiosi di grande talento che l’autore chiama ‘neurologi dinamici’. Ma lascio le scienze e scelgo dal capitolo un divertente aneddoto biografico, per sorridere su un classico materno, ma anche per osservare un aspetto rivelatore delle sue radici
“Era profondamente combattuto: avrebbe dovuto proseguire il suo lavoro come fisico nucleare oppure, alla luce degli ottimi risultati che stava ottenendo, occuparsi della guarigione? Alla fine scelse quest’ultima strada. Sua madre disse, tra il serio e il faceto: ‘Avrebbe potuto vincere il premio Nobel per la fisica, e invece è diventato un massaggiatore’.”
In Doidge, cit. da Anat Baniel
Tuttavia la sua storia di precursore lo pose per lunghi periodi in una posizione difficile all’interno dell’ambiente scientifico, situazione che venne superata dalla grande forza geniale del suo lavoro.
Tratto da Myriam Pfeffer, trainer internazionale e sodale di Moshe Feldenkrais
“Voleva spiegare quello che faceva scientificamente, ma a quel tempo non era così facile spiegarlo. E non sempre è stato accettato. […] Non si sentiva inferiore alla professione medica. La pensava in modo molto diverso e all'inizio era un pioniere con il suo modo di pensare. Oggi molti la pensano come lui, ma a quel tempo era qualcosa di veramente nuovo. […] Da un lato vedere la persona globalmente come una unità, e dall'altro vedere questa unità come parte di un'unità più grande. Vedere come il sistema nervoso influenza i muscoli; come i muscoli influenzano lo scheletro; e come l'ambiente influenza continuamente il sistema nervoso, così che tutto funziona insieme... tutto interagisce.”
“Moshe veniva dal Judo e dallo Zen ed era un uomo molto curioso. Aveva questa curiosità infantile, ed era come un bambino, imparava sempre cose nuove. Ha provato ogni genere di cose, sempre, la novità del suo contributo era la capacità di rendere concrete le cose più astratte. Moshe era in grado di concretizzare le idee praticamente, questa era la sua forza.”
Myriam Pfeffer, Conversazione, in Feldenkrais Journal UK, Ilana Nevill, autunno 1993
Opera molto importante è inoltre la Storia del maestro, tutt’altro che una semplice biografia, ‘A life in movement’, scritta da uno dei suoi allievi più vicini, Mark Reese.
Lo cito qui, in primo luogo perché il mio gruppo di formazione ha ricevuto in larga parte il suo imprinting insieme a quello di Mara Della Pergola, e come Konrad Lorenz ‘ha parlato molto alle sue uova d’oca’; in secondo luogo, perché Reese aveva in sé il ‘sacro fuoco’ e ha espresso parti importanti dell’insegnamento di Feldenkrais.
Dalla pagina dedicata all’opera, in ‘ReeseKress Somatics Press’, un breve estratto di presentazione dell’autore, di sua moglie Carol Kress, insegnante formatrice Feldenkrais
Mark Reese era un'autorità di fama mondiale nel lavoro di Moshe Feldenkrais. […] è stato uno degli studenti americani originali di Feldenkrais, studiando direttamente con lui dal 1975 fino alla morte di Feldenkrais nel 1984. Mark è stato fondamentale nell'introdurre il Metodo Feldenkrais negli Stati Uniti, ed è stato tra i primi Insegnanti americani scelti per formare nuovi operatori Feldenkrais. È diventato uno degli insegnanti del Metodo Feldenkrais più influenti al mondo, formando oltre un migliaio di operatori Feldenkrais negli Stati Uniti, in Europa e in Australia.
[…] Mark incarnava i principi del lavoro che amava e ispirava gli studenti con la sua intelligenza incisiva, la sua presenza generosa e il suo insegnamento brillante.
Carol Kress, ReeseKress Somatics Press
Un ricordo di questo ‘ragazzo’ formidabile, magnifico insegnante, artista intellettuale, che da uomo adulto aveva sempre negli occhi la serietà, la ‘follia’ e la meraviglia dei bambini; erano evidenti in lui l’inquietudine e la complessità esistenziali, ma quando insegnava tutto si faceva armonico, conosceva il segreto della Parola.
Ricordo una lezione individuale in cui portò l’allievo, fisicamente e psicologicamente, ad una nuova nascita. Come stesse venendo al mondo in quei minuti, come un vero parto.
Mark aveva ricevuto il dono, creava racconti incarnati.
Ebbi una lezione con lui. Vide la mia esigenza di estroflettermi verso l’imprevedibile con fiducia e la creò. La notte stessa sognai di essere come un acrobata che meravigliosamente e con grande leggerezza avanzava in continui salti mortali all’indietro, come disegnando le volte di un antico portico, con un sentimento di libertà e potenza gentile che non si dimentica. Beh, magico, anche perché a queste esperienze seguono poi sorprendenti eventi interiori legati all’espansione di coscienza. Posso solo immaginare di cosa fosse capace Feldenkrais.
Sempre da ‘ReeseKress Somatics Press’, un commento al lavoro di Reese dello stesso Norman Doidge, indubbiamente innamorato del Metodo e del suo creatore.
“Il genio della grandezza posseduta da Moshe Feldenkrais, sfida ogni categorizzazione… Potrebbe funzionare ai massimi livelli nella fisica nucleare, come artista marziale, come inventore, come sviluppatore di progetti di controspionaggio top-secret e come uno dei più osservatori preveggenti delle neuroscienze.
[…] Ma il ruolo per il quale avrebbe voluto essere ricordato era quello di aver riunito tutti questi background per diventare una delle forze più importanti nella guarigione olistica, che fondeva le intuizioni del pensiero orientale e della scienza occidentale in un modo completamente nuovo.
Ora, finalmente, il grande genio dell’integrazione e maestro nel trasformare le intuizioni scientifiche in modi pratici per aiutare le persone ha trovato, in Mark Reese, il biografo che merita.
Moshe Feldenkrais: Una vita in movimento, volume uno, è una storia meticolosamente ricercata, emozionante e profondamente penetrante che entra nel profondo della mente dello spavaldo, teatrale e brillante insegnante, mentre viveva molti dei più grandi eventi intellettuali, politici e scientifici del mondo. il 20° secolo.
Lui, nella sua lotta per superare il suo grave infortunio, è stato il pioniere di un modo unico di insegnare alle persone a imparare come imparare e a cambiare il loro cervello, aumentando la consapevolezza di qualunque cosa facessero, fornendo le basi per un approccio gentile ma potente per alleviare la sofferenza umana.”
N. Doidge
Incontrandoli, mi è stato evidente che gli allievi diretti di Moshe Feldenkrais hanno potuto vivere qualcosa di unico; alla presenza del ‘taumaturgo’, con le loro caratteristiche individuali e collettive, inseriti in quel preciso momento storico, hanno trasmutato sé stessi. Costantemente ispirati dalle alte frequenze che emanano dal processo creativo di un maestro, che si amplificano e raffinano con l’apporto di ognuno, finché nel tempo tutto il gruppo non abbia raggiunto lo stato di armonia risonante, distinti processi creativi fluenti in unico movimento. Opere d’arte. Illuminazioni. Queste particolari congiunzioni io le chiamo Estasi del Flow.
“Imparare è trasformare l'oscurità, che è assenza di luce, in luce. Imparare è creare: creare qualcosa dal nulla. L'apprendimento cresce fino a che si fa luce in voi.”
M. Feldenkrais
Il taumaturgo, una vita da romanzo, luci ed ombre del genio, un’intelligenza velocissima, profonda e magnetica, fondata sulle forti radici della sua infanzia e sulle infinite sapienze scientifiche e umane incarnate nel tempo; che come tutti i geni vive costantemente tra il sovramentale e la necessità di equilibrare questo stato con le elaborazioni interiori delle esperienze vissute; con abitudini apparentemente non comuni sopravvissute al passato; e ancora, la sua arguzia, il suo metodo di ricerca, forse un carattere non semplice, il modo in cui viveva o mangiava, il disordine coerente, il suo tipo di allegria o di ombrosità… quei meravigliosi indizi della presenza di un’anima grande necessariamente non conformista
“Infine, ma importantissimo, tutta l'esperienza formativa con Feldenkrais è stata condita con il caratteristico umorismo ebraico, un elemento che mi ha fatto sempre sentire in famiglia e non in un corso professionale.
Il suo era un umorismo orientato alla sorpresa del cambio di prospettiva, a volte era ironico, altre grossolano, ma era quello che ci faceva ridere di noi stessi “nonostante tutto”, e naturalmente c'era anche la risata salutare e liberatoria che nasce dalla pancia, come quella di un bimbo.”
M. Della Pergola, Moshe Feldenkrais e l'integrazione di movimenti, sensazioni, sentimenti e pensieri
Riflessioni Sistemiche - N° 26 giugno 2022
Come il famoso aneddoto scritto così bene, ma ormai introvabile, da un altro allievo importante, Jerry Karzen, sul cappotto che Feldenkrais portava sempre e che aveva dotato di molte tasche particolari in modo da contenere i più svariati oggetti utili ad ogni evenienza, compreso denaro di diverse valute. Pesava parecchio.
Questo lo fa chi prevede e paventa, chi sa cos’è essere viaggiatore, avamposto e straniero, chi conosce l’essere senza nulla nel nulla, chi ha fatto dell’imprevedibilità un’arte di sopravvivere e poi, se ci riesce, l’arte di vivere appieno.
Moshe Feldenkrais ha vissuto pienamente ed ha costruito una Via per il futuro.
Di quel cappotto Karzen fa un brevissimo, simpatico racconto (con sottotitoli in italiano da attivare), dal sito Futurelifenow di Cynthja Allen e Larry Wells, dove potete trovare cammei di alcuni allievi storici, sulle esperienze di vita e lavoro con lui
da feldenkraismethod.com
“Ti domanderanno come si attraversa la vita.
Rispondi: come un abisso, su una corda tesa, in bellezza, con cautela, oscillando.”
Agni Yoga, Foglie del giardino di Morya, Agni Yoga Society
Un piccolo spaccato della sua dimensione umana da un periodo in cui il suo ruolo sociale era già stabile e riconosciuto, quindi di gran lunga più facile rispetto agli anni giovanili, ma che mostra quanti gradini di ordine diverso sia necessario salire con fatica per una persona chiamata ad offrire al mondo un grande valore aggiunto
“Se non fossi riuscito a giungere a conclusioni costruttive, sarei stato considerato, se non pazzo, almeno un po' suonato. Lo credetti più di una volta anch'io, e così pure un certo numero dei miei vecchi colleghi docenti universitari, che cominciarono a evitarmi negli anni in cui progressivamente abbandonavo il mio posto di fisico, direttore di progetti di ricerca in un paese o in un altro, e gradualmente, laboriosamente e dolorosamente mi orientavo sempre più verso la mia nuova ricerca: quella di migliorare i modi in cui gli esseri umani dirigono sé stessi.”
M. Feldenkrais
Moshe Feldenkrais è l’artista che ci ha mostrato qualcosa di davvero importante, la via più semplice e diretta per raggiungere la connessione con noi stessi, con la fonte primaria che è dentro di noi.
È questo che fa l’Artista, sempre collegato alla sorgente, traduce ogni giorno, per tutti.
“Compariva giorno dopo giorno senza nessun appunto e creava un’esperienza così che ognuno potesse apprendere come essere creativo in nuove situazioni, secondo il bisogno. Ci ha insegnato a fare IF creativamente, creando l’esperienza del giorno, sentendo verso quale strada andare attraverso ciò che stava accadendo, rimanendo presente con le cose proprio come esse erano. Ricordo di aver visto il video del primo giorno nel corso di Amherst e, se la memoria non mi inganna, egli dice che non sa come il tutto si svolgerà, tuttavia, in qualche modo, nel corso dei successivi quattro anni le persone avrebbero imparato a fare ciò che egli sapeva fare. Incredibile! Niente era già definito. Non c’erano lezioni. È stato uno dei pezzi dell’arte dell’improvvisazione permanente più brillante che mi sia mai accaduto di vedere.”
Martin Weiner, Conferenza XVI Convegno Annuale della Feldenkrais Guild Nord America, NY 1993.
Ogni sua intelligenza, ogni sua competenza, come giovane pioniere, uomo di profonda cultura, scienziato, precursore ed insegnante di arti marziali, e nello stesso tempo come attento studioso delle grandi scoperte della sua epoca, in ogni ambito possibile; ecco il suo patrimonio di conoscenze distillato in una forma pratica di semplicità disarmante e al contempo densa di sapere.
Ma, la Magia di Feldenkrais ha origini antiche. Benché egli, da uomo di scienza, abbia mantenuto il suo lavoro completamente scevro da fideismi o indirizzi politici, questa magia è uno degli aspetti importanti della sua esistenza, osservata come radice filosofica in cui si nasce e che dà un plus particolare che non si può ignorare per le implicazioni di profondità.
Alcuni estratti da Eugenio Bongioanni, psicoanalista e insegnante Feldenkrais, da ‘Cercando un altro Feldenkrais tra Cabbalà e Psicoanalisi Bioniana’; un saggio molto personale in relazione alla psicoanalisi, a partire dal testo di David Kaetz, ‘Making Connections’ su Moshe Feldenkrais.
Non posso avere cognizione della vera cultura ebraica e della sua poderosa mistica, ma ho colto negli scritti di Bongioanni un punto di verità e ho proseguito nella lettura, trovando riflessioni interessanti su aspetti della figura del maestro e del suo lavoro. Una visione a tratti critica, ma utile per gli argomenti vitali a favore della crescita della comunità Feldenkrais.
“Nel suo studio di Tel Aviv, M. Feldenkrais aveva grandi volumi in folio rilegati in pelle del Talmud. Suo padre era un famoso talmudista e a Slavuta la tipografia dei suoi trisavoli ne aveva stampati di sublimi. Probabilmente si trattava di quelli (cfr. infra, p. 13).
Negli ultimi giorni della sua vita (1984) li descrive così a Jeff Haller, il futuro trainer di Kaetz – che li guardava incuriosito ma non leggeva l’ebraico:
“Quelli sono i migliori libri di Fisica esistenti al mondo. Li ho letti tutti da quando avevo tredici anni. Li ho portati con me in quel vagone [Il treno verso la Palestina su cui è salito a 14 anni, nel 1918. N.d.R]” (Kaetz, p. 119).
Non c’è dunque da meravigliarsi se il metodo talmudistico pervade l’argomentare e l’insegnare di Moshe Feldenkrais.”
E. Bongioanni, Cercando un altro Feldenkrais tra Cabbalà e Psicoanalisi Bioniana
Tutte le Vie di Conoscenza hanno ognuna la sua propria energia specifica e misteriosa, materia infinita.
Come dicevo, non ho gli strumenti necessari per valutarne a fondo i contenuti, se non per qualche esperienza personale scelta da quel filo nascosto che mi ha portato anche al Metodo, dunque mi limito con estrema umiltà a riportare, ad accennare appena, in termini inadeguati, a questi argomenti così alti.
“Ogni Sefiràh ha un numero e un nome. Le Sefiròt sono collegate tra loro da ventidue sentieri, uno per ogni lettera dell’alfabeto ebraico. L’insieme delle dieci Sefirot e dei 22 segni forma uno dei più stupefacenti e complessi mezzi di indagine mai concepiti da mente umana. (Yarona Pinhas, Onda sigillata, p. 90, Giuntina, Firenze, 2008).” (Ivi.)
Per esperienza diretta ho percepito nettamente l’immensa potenza di questa Via mistica, evocata ed edificata lungo le epoche dai suoi Sapienti e per la quale occorre una tempra non comune, perché è ‘informata’ da forze costituenti molto grandi e veloci, con cui non si scherza, e della quale, forse, solo il nascervi può aprire le porte nel modo corretto. Ma tutto è possibile a Dio.
Così ho potuto sentire in me, per quanto in modo infinitesimo, in cos’è nato e cresciuto Feldenkrais, in cosa ha forgiato sé stesso, e cosa renda il suo Metodo uno strumento davvero fuori dal comune.
Bongioanni scrive e cita
“Dopo il Ba’al Shem Tov, – Rabbi Pinhas ben Abraham Shapiro di Koretz (1738-1791) è la seconda figura di maestro, di guaritore, di saggio e giusto, tzaddik, del Hassidismo. È di una generazione più giovane ed è il trisavolo da cui Moshe Pinhas Feldenkrais ha ricevuto il secondo nome.
Chi pratica il Metodo Feldenkrais non può non riconoscersi delle parole di Pinhas
‘Quando un uomo si impegna nel mondo dell’azione, ed è attento a ogni cosa, se camminare o no, come stare seduti o come ruotare il volto, egli sta unificando il nome divino corrispondente al mondo dell’azione. E quando è attento ad ogni espressione, se parlare o tacere, egli sta unificando il nome divino corrispondente al mondo della formazione. E quando osserva i suoi pensieri, l’unificazione del nome divino corrispondente al mondo della creazione è compiuta. E così arriviamo all’unificazione della coppia sacra, il maschile e il femminile, come rappresentata dall’unione delle Sefiròt di Malchùt e Yésod.’ (Kaetz, p.101; cfr. supra, pag. 9: la coppia tantrica).” (ibidem)
Nella mia seppur limitata visione, nel Metodo, Feldenkrais raggiunge l’Unione della ‘coppia sacra’ attraverso l’espressione evolutiva di femminile e maschile, poiché raccoglie e agisce le caratteristiche di entrambe le sostanze.
Si dice che per il genere umano, temporalmente sia appena iniziata la nuova era femminile, e forse è così, vista la tendenza di tutti i pensieri qui riportati, rappresentanza delle moltissime menti ‘femminili’ che hanno attraversato l’ultimo secolo.
Il Metodo è femminile evoluto, che è interno, è accoglienza, ascolto, gentilezza, è intuizione, imprevedibilità armonica; per la fisica è onda diffusa in assenza di spazio-tempo, immateriale, non-localizzata, nel regno dell’imperscrutabile.
Ma il Metodo è anche maschile evoluto, che è esterno, è azione, ricerca, è saggezza, protezione, ordine e giustizia, è il Nominare; in fisica è particella, evento nello spazio-tempo, localizzata, nel regno del perscrutabile.
Il nome scelto da Feldenkrais per il suo tipo di lezione individuale è ‘Integrazione funzionale’; io leggo in modo chiaro, nel dare e nel ricevere delle lezioni, che integrare è un agire femminile, circolare, armonizzante dell’importante funzione propulsiva lineare che è maschile.
Nel Metodo, pare evidente la predominante Yin del processo non causale, poiché si fonda sull’ascolto, sull’accoglienza dell’imprevedibile stato delle cose, e non sul perseguire obiettivi prefissati con azioni programmate; ma questo conduce poi all’unione armonica di ciò che era separato e disfunzionale, e crea nuova e miglior forza creatrice Yang, equilibrata e disponibile. In ogni momento le due forze sono in gioco per la riuscita totale.
Con significati e azioni differenti, ma similmente, molte se non tutte le tradizioni esoteriche sono basate sulla presenza nel gesto e nella più intima disposizione, lo stato imprescindibile per il collegamento col divino.
Racconta Federico Cimaroli, autore e ricercatore esoterico, che il sopra citato Ba’al Shem Tov, fondatore del Hassidismo nel XVIII secolo, praticava ogni giorno la comunione col divino lavando i piatti
“Raggiungeva la coscienza, la meditazione e lo stato di coscienza della preghiera, guardando ed entrando in profondità nelle azioni spontanee, nella ripetizione, sempre quell'azione, andando sempre più in profondità fino a percepirsi pura coscienza.”
Ho letto che i suoi seguaci più avanzati, disertavano i suoi discorsi pubblici perché preferivano presenziare al momento in cui egli si allacciava le scarpe.
Si comprende come secondo la mistica ebraica intenzione e azione siano strettamente collegati e agiscano sull’equilibrio dei Mondi. Lo trovo meraviglioso, con implicazioni per me inarrivabili, ma percepisco che è vero
“Il segreto delle mitzvot positive, i comandamenti di eseguire certe azioni, sta, per così dire, nel mettere in attività le membra del corpo, in alcuni movimenti e modi di fare le cose che sono corrispondenti a realtà e relazioni superiori negli altri mondi. (A. Steinsaltz, La Rosa dai Tredici Petali, Giuntina, Firenze, 2000, pp 98-99)” (op. cit.)
La progressione del lavoro Feldenkrais è un procedere dal necessario indifferenziato duale all’integrazione evoluta della completezza. Da Kaos a Kosmos.
Ed è anche il viaggio ‘a ritroso’ del ritorno a casa che tutti compiamo nella materia verso la Coscienza; dall’inconsapevole innocenza della forma infantile, in cui il fare senza intenzione è un non fare, cioè un seguire leggi naturali senza coscienza di sé, passando per l’età adulta in cui si sperimenta la scelta e la lotta per l’affermazione di sé, l’identificazione, il fare con volontà, fino ad arrivare alla profondità della comprensione matura del come fare o non fare, all’esperienza che si completa e si purifica dall’identificazione, per giungere ad una ritrovata innocenza, cosciente, spontanea e saggia.
L’Amore divino che attraverso l’esperienza umana riflette Sé stesso e si sostanzia in Coscienza, il viaggio dell’Anima.
Così la complessa perfezione del Cosmo, che dopo essersi svolta e dispiegata all’infinito in tutta la sua molteplicità, ritorna ad essere Verbo originario, suono, punto, quanto, il Vuoto senza nome e senza volto dei non pensieri dell’Universo.
A qualcuno potrà sembrare eccessivo, eppure io so per certo che nelle lezioni, goccia a goccia, questo è contenuto e questo accade, silenziosamente; come ogni miracolo nelle nostre vite, a un tratto è lì, è Reale.
Grazie Moshe
“Chiusi gli occhi, li riaprii. Allora vidi l'Aleph.
Arrivo, ora, all'ineffabile centro del mio racconto; comincia, qui, la mia disperazione di scrittore. Ogni linguaggio è un alfabeto di simboli il cui uso presuppone un passato che gl’interlocutori condividono; come trasmettere agli altri l'infinito Aleph, che la mia timorosa memoria a stento abbraccia? I mistici, in simili circostanze, sono prodighi di emblemi: per significare la divinità, un persiano parla d'un uccello che in qualche modo è tutti gli uccelli; Alanus de Insulis, d’una sfera di cui il centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo; Ezechiele, di un angelo con quattro volti che si dirige contemporaneamente a Oriente e a Occidente, a Nord e a Sud. (Non invano ricordo codeste inconcepibili analogie; esse hanno una qualche relazione con l'Aleph.)
Forse gli dèi non mi negherebbero la scoperta d'una immagine equivalente, ma questa relazione resterebbe contaminata di letteratura, di falsità. D'altronde, il problema centrale è insolubile: l’enumerazione, sia pure parziale, d’un insieme infinito. In quell'istante gigantesco, ho visto milioni di atti gradevoli o atroci; nessuno di essi mi stupì quanto il fatto che tutti occupassero lo stesso punto, senza sovrapposizione e senza trasparenza. Quel che videro i miei occhi fu simultaneo: ciò che trascriverò, successivo, perché tale è il linguaggio. Qualcosa, tuttavia, annoterò.”
Jorge Luis Borges, L’Aleph, Feltrinelli ed.