l’intento, la parola, l’ascolto… l’amore
l’intento, la parola, l’ascolto… l’amore
"il bambino è il Maestro" M. Montessori
L’Intento non è l’intenzione razionale di raggiungere un obiettivo, ma è qualcosa di più autentico ed efficace.
Intento è esserci, essere presenti nel momento, senza pensiero, con piena fiducia nel processo.
Così l’insegnante che interagisce ‘pesca’ direttamente dal ‘grande pozzo’, cioè dal Sé che ha intelligenza di cuore
“Il cuore non ha parole quotidiane. Il poeta è così, le sue parole contengono la sostanza dell’Essere posta dal cuore”
Federico Cimaroli, Vangelo e magia bianca
Poeta non è solo chi scrive versi, lo è chiunque abbia animo di poeta.
Chi pratica Feldenkrais è sempre poeta, o non può che diventarlo, e la magia è fatta.
PDF per stampa: leggere comodi e sani
L’intento e la parola contenuti in una lezione, prevedono e richiamano un certo tipo di ascolto necessario; essi fanno parte di quelle oscillazioni esterne che veicolano l’organismo nella condizione di risonanza con le parti sane, in profondità (vedi ‘Metodo Feldenkrais® l’arte di guarire’).
Per entrare in risonanza occorre un ascolto in senso ampio. Quella di ascoltare è una capacità sottovalutata come tutto ciò che è poco visibile e silenzioso, eppure sta alla base di ogni percezione, intenzione, azione. L’ascolto introduce l’attenzione, l’intento dell’allievo è presente e si sviluppa.
Quando non siamo presenti, non ascoltiamo
“[…] capita facilmente di mangiare senza assaporare, di perdersi il profumo della terra umida dopo la pioggia, perfino di toccare gli altri senza sapere quali sentimenti si trasmettono loro […] In genere questo è dovuto al fatto che siamo perennemente preoccupati, persi nella mente e nei pensieri, ossessionati dal passato e dal futuro, consumati dai progetti e dai desideri, distratti dal nostro bisogno di essere intrattenuti, manovrati dalle aspettative, paure e brame del momento, e tutto questo per abitudine e senza esserne consci. Ecco perché siamo incredibilmente fuori contatto con il momento presente, l'attimo che realmente ci si sta presentando, ora.”
Jon Kabat-Zinn
A proposito dell’ascolto legato alla salute e alla vita nella sua interezza.
Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra, genio del ‘900, che alla sua nascita fu per errore preso per un orecchio e gettato nei rifiuti, e che divenne il ‘professore dell’orecchio’ più famoso del mondo, ha costruito una tecnologia ed un metodo per riequilibrare, attraverso frequenze sonore rilevate e calibrate sul soggetto stesso, gli esiti degli stimoli disarmonici ricevuti a partire dal periodo prenatale, con implicazioni fisiche e psicologiche.
“Approfondendo la sua indagine e la sua ricerca, Tomatis si rende subito conto che la relazione tra l’orecchio e la voce coincide con quella tra l’ascolto e la comunicazione, che occupa un ruolo veramente centrale nella problematica dell’espressività umana a tutti i livelli.
Secondo il nostro autore, nei nove mesi della gestazione, il feto costruisce la propria capacità di attenzione a partire dall’ascolto della voce materna e dagli stimoli uditivi che riceve filtrati dentro il corpo della madre. […]
La funzione dell’ascolto è infatti direttamente collegata alla concentrazione della memoria, alle condizioni psicologiche, alla consapevolezza e alla comunicazione. La nostra società si preoccupa troppo dell’aspetto razionale e logico-matematico della mente, privilegiando il pensiero lineare dell’emisfero sinistro; tali abilità sono certamente importanti, ma non possono essere così basilari come la capacità di ascoltare e quindi di comprendere.”
Paolo Ferrario, Alfred A. Tomatis: L’orecchio, l’ascolto e l’anima, 2009
Come scrive Paolo Ferrario in questo articolo, Tomatis ci lascia ‘…in eredità la sua esperienza, in una visione unitaria dell’Uomo e del Mondo che abbraccia saperi apparentemente distanti, come l’acustica, la medicina, la musica sacra e la mitologia’. I suoi centri di audiopsicofonologia sono presenti in trenta paesi europei e in America.
Piccole citazioni dagli ottimi libri di Tomatis
• Tutto il corpo è un orecchio, un’antenna ricettrice che vibra all’unisono con la fonte del suono.
• La capacità di ascoltare è la madre di tutte le altre capacità: dell’apprendimento, del linguaggio, della relazione, degli affetti, della memoria, dell’intelligenza e perfino dell’identità personale e della salute psicofisica.
• L’orecchio è quindi anche uno dei migliori strumenti di guarigione.
• La cosa più importante da ricordare è che il cervello non produce energia, la cattura, ed è l’orecchio che gliela fornisce. Il suono è quindi un alimento del cervello.
• L’aria, una volta invasa dalle vibrazioni acustiche, che siano quelle di un battito di mani o di una sonata per pianoforte, non è più quella di prima.
• Ogni fenomeno acustico, in fondo, non è che un’eco del «suono primordiale».
Una volta di più possiamo quindi sapere che il nostro corpo silenzioso ascolta tutto, e che la Parola conta.
È anche importante che si comprenda bene questo assunto (riproposto qui da ‘quanto vale la coscienza’), in cui si accenna all’aspetto biofisico, che mostra come l’attenzione sia la funzione su cui si basa la nostra libera scelta; l’oggetto della nostra attenzione fa la vera differenza, anche se non immediatamente percepibile, perché ciò che osserviamo con un intento fermo ma fluido (cioè senza quella rigida volontà di controllo che crediamo necessaria per la riuscita), ‘inizia ad esistere’.
“Ricordate che l'attenzione è in grado di far esistere una particella colta nell'ampiezza delle probabilità, nel campo di tutto il possibile. L'attenzione è il meccanismo che causa l'evento spazio-temporale nel campo delle possibilità. Se, dunque, la si rivolge su una determinata caratteristica del campo, questa non solo verrà rivelata alla coscienza, ma si realizzerà completamente nella nostra vita.”
Deepak Chopra, La via della prosperità. Armenia ed.
Le capacità di cui scrivo in queste pagine si acquisiscono in modo naturale lasciandosi portare dall’esperienza del Metodo nei luoghi migliori di noi stessi, dove il relax regna sovrano.
Ma durante le lezioni Feldenkrais ci troviamo a fare così poco rispetto a ciò cui siamo abituati dal ‘doveroso senso del produrre’, che all’inizio possiamo pensare di perdere il nostro tempo, perché gli standard di velocità e quantità non sono conformi a quelli socialmente richiesti. Ci sembra che non stia accadendo nulla perché, abituati ad ascoltare solo la mente, non siamo ancora in grado di percepire i cambiamenti più delicati e abbiamo bisogno di non sentirci spaesati tra le nuove percezioni. In più, ci spiega Mara Della Pergola
“L'attenzione risulta spesso faticosa perché viene confusa con la concentrazione mentale, mentre invece va aperta con pazienza e curiosità e va poi raccolta, come quando si pesca con la rete. Le persone a volte trovano noioso questo “non fare” perché associano il movimento al bisogno di scaricare tensioni e fatica.
[…] L'attenzione porta invece a uno stato di consapevolezza rigenerante, che permette di riposare quando è il momento di riposare e di essere attivi quando è necessario agire.”
Così la parola dell’insegnante, con il suo suono che sorge direttamente dalla disposizione interiore o, per la precisione, dal suo vero intento, è la fune elastica ma certa che sostiene i passi dell’equilibrista; pur non essendo indispensabile che le parole siano altro che semplici, giacché questo stile di movimento contiene in sé la sua efficacia, la loro qualità è attiva e può variarne l’esito. Se l’insegnante è consapevole le sue parole hanno sostanza e potrà evocare nell’allievo capace di ascolto la consapevolezza di quella sostanza come apertura evolutiva.
Un esempio filosofico che può aiutare a comprendere
“C'è qualcosa di più nel nome astratto (bellezza, libertà) rispetto alle qualità (bello, libero) attribuite a persone, cose o condizioni particolari. L'universale sostantivo allude a qualità che sorpassano ogni esperienza particolare ma persistono nella mente, non come una finzione dell’immaginazione e neppure come possibilità più logiche, bensì come il materiale di cui consiste il nostro mondo.”
Herbert Marcuse
In realtà il suono, la sostanza delle parole, si diffonde senza intenzione e si accorda al movimento, se accolta si posa sul tempo, sullo spazio, sui tessuti corporei e sulle sensazioni, li muta, si fa lieve e se ne va per poi tornare.
La sorpresa sta allora nell’assistere man mano alla trasformazione, dal senso di incertezza che produce ansia al senso di imprevedibilità che genera meraviglia. La parola perde felice il suo primato, il processo è cambiato.
“Analizziamo in particolare la dinamica indotta dall’uso della parola. La parola, essendo ambigua, si rivolge contemporaneamente sia all’Io che all’Es, sia al pensiero primario che al pensiero secondario. Se la parola resta nell’ambito del razionale, lo scambio, per quanto profondo e illuminante, coinvolge soltanto l’Io. Se invece la parola mantiene l’ambiguità originale, come ad esempio nella poesia o nella metafora, penetra nel profondo e può portare ad intuizioni di guarigione, fondate sulla risonanza tra Io ed inconscio.”
Emilio Del Giudice
E come può la parola essere sostanza, materia che apre al cambiamento?
“In India, più che in qualsiasi altro Paese, i poteri del suono e di vac, la voce umana, sono stati oggetto di studio approfondito. La vibrazione dell’Aum che risuona in tutto l’universo (la Parola o ‘la voce di molte acque’ di cui parla la Bibbia), ha tre manifestazioni o guna: la creazione, la conservazione e la distruzione (Tittiriya Upanishad; 1, 8).
Ogni volta che un essere umano pronuncia una parola, fa agire una delle tre qualità dell’Aum.”
Paramahansa Yogananda
E poi. Moshe Feldenkrais dice in un’intervista: “Cerco di non pensare con le parole”. Come si fa?
In effetti, se guardiamo dentro la nostra esperienza possiamo scorgere che il pensare non è necessariamente legato alla parola ed esistono pratiche per scoprire che una funzione che abbiamo sempre espresso in modo automatico ha altri modi per essere percepita o agita, con un ampliamento notevole di capacità in senso ampio.
Feldenkrais, tra i suoi mille spunti di crescita, invita ad allenare i sensi meno utilizzati, per esempio eludendo il senso della vista per qualche tempo in situazione protetta, proprio per scoprire e sviluppare le capacità latenti.
Ma trovo affascinante l’affermazione del maestro perché, per chi tra noi non conosce altre possibilità, è simile ad un koan, uno di quei meravigliosi paradossi zen o quantistici che, se li ascoltiamo bene, ci trasportano immediatamente in un’altra logica, quella cardiaca, creativa, che possediamo ma che evitiamo, troppo libera per essere accettata. Invece noi dobbiamo accedervi, perché percepire e pensare in modo più ampio e ricco è ciò che migliora integralmente la nostra vita.
Non mi azzardo ad immaginare l’ampiezza del significato che aveva per un genio come lui quella frase, ma forse ‘Non pensare con le parole’ significa anche non usare la mente ordinaria, così che si raccolgano le informazioni disponibili attraverso le altre capacità innate e acquisite, lasciando che spontaneamente si formi lo ‘stato d’animo vuoto’ di personalità, quella non-mente che sa davvero comprendere e creare.
In questa logica, anche le parole assumono perlomeno una tridimensionalità, ma possono arrivare oltre.
“KOSMOS MACROS
CHRONOS PARADOKSOS
Solo il greco sulla pietra ha parole per questo”
Wisława Szymborska, Attimo, 2002, Adelphi ed.
(da una possibile traduzione: nel macro cosmo il tempo è paradosso)
il silenzio del cuore
“Non occorre sentire per ascoltare, infatti alcuni famosi musicisti del passato erano sordi”
Alfred Tomatis
“In principio era il Verbo”. Il suono, la parola, e tra le parole e in mezzo a tutto, il silenzio. Ma occorre conoscere il silenzio, molti lo temono.
Cosa c’è prima della parola? Come ci ricorda la Montessori, possiamo osservare la sacralità del silenzio negli ‘infanti’ (dall’etimo, che non hanno l’uso della parola), quel silenzio che ci trasporta subito nel Reale in cui loro sono ancora immersi, poiché prima della parola vi è il Silenzio dell’Assoluto, il Vuoto in cui il Verbo È.
E la fisica ci dice che il vuoto dell’universo è un suono silenzioso, infinito
“L’aspetto più intimo della realtà è invisibile e può essere percepito non con gli occhi ma con un cuore vibrante.
La risonanza delle oscillazioni del cuore con le oscillazioni dell’universo è l’essenza della bellezza.”
Emilio Del Giudice, dedica a un’amica, maggio 2013
Entrando nella vita diviene naturale e necessario sviluppare e persino esagerare gli strumenti della comunicazione sociale, ma col tempo, quando ve ne sono le condizioni, sopraggiunge la necessità e la conoscenza del raccoglimento, mentale e poi interiore e poi intimo, del cuore, che richiede la competenza del silenzio.
Nelle lezioni Feldenkrais avviene una maturazione di tale competenza, senza dover pensare, nel riconoscimento spontaneo del ritmo tra silenzi, vuotezza ed azione e della differenza tra livelli di profondità all’interno di sé.
“il mio parlare è più silenzioso del tuo silenzio”
Sri Mooji
L’evoluzione naturale porta in sé la scoperta dell’immensa bellezza del Silenzio, cominciamo a percepire che veniamo da esso e là desideriamo tornare, quel silenzio pieno di pace e amore di cui siamo fatti e che risiede nel cuore, non come organo ma come centro dell’Essere in esistenza.
Tich Nath Hanh, il piccolo Uomo del grande Zen, ecco per voi "Fermarsi" per "Guardare in Profondità"
Così nel Metodo, il silenzio è base di azione e parola, ci rende accoglienti e ricettivi per tutte le elaborazioni che avvengono grazie ad esse, sia fisiche che psichiche.
Questo perché è prima di tutto fondamento della realtà fenomenica: se non vi fosse lo spazio silenzioso, non esisterebbe alcuna espressione. Come non ci fosse respiro.
Come potrebbe esistere un disegno se fra le tracce non ci fosse vuoto? O una musica senza cambi e sospensioni? Il cuore si accorda con i vuoti silenziosi …siamo fatti della stessa sostanza di cui son fatti i sogni, diceva il Bardo.
C’è un’azione che va e viene dal silenzio del cuore, leggerissima, ed è quella autentica, senza obiettivi egoici. Può essere un atto verso di sé o la creazione di un bene per l’altro da sé, e si chiama amore.
“41 — Lasciate che il cuore conversi a volte con il Mondo Superiore. È un dialogo che può svolgersi in molte lingue. Forse il cuore recupera la memoria di ore di molte vite. Forse la conversazione sarà tacita, senza precetti né consigli, solo un’elevazione rinvigorente; o sarà il silenzio della gratitudine, o il silenzio derivante dal potere della prontezza. La fiamma del cuore si accende quando si lotta per l’unione col Mondo Superiore. Solo il cuore è capace di trovare l’accesso alla Gerarchia. Il cuore si rafforza con il potere del Supremo. Solo il cuore è una fortezza in battaglia.”
Agni Yoga, Cuore, 1932
amore, il corpo della poesia
“Noi esseri umani siamo così fatti che quando un’altra persona ci fa sentire di avere valore, amandoci o apprezzando la nostra interezza, l’intelligenza nel nostro sistema viene riattivata per apprendere ed evolvere. Si risveglia a sé stessa e alle proprie risorse guaritrici.”
Martin Weiner
A quanto mi risulta, essendo il Metodo perfettamente tratto ed integrato dalla natura, c’è amore in ogni suo aspetto.
Chi pratica lo riconosce e man mano ne indossa la perfezione spontanea; qui, in ogni pagina è evidente la mia visione di questo cosmo di Bellezza, come di una poesia che si compone lettera dopo lettera, sulla nostra pelle e fin nelle nostre magnifiche ossa, coi piccoli passi di danza del nostro corpo che impara di nuovo a fluire fiducioso.
Il corpo è davvero innocente e disinteressato, pieno di amore senza ombre, quello dell’Essere.
“Anche l’amore lo considererei un fattore transpersonale, però la maggior parte delle volte quello che chiamiamo amore è un amore in fondo seduttivo, un amore-piacere che significa ricerca di gratificazione dei nostri impulsi istintivi o passionali. Il vero amore è uno stato senza oggetto, il vero amore ama tutto quello che gli è posto davanti. È come un’allegria senza fine, senza finalità. È anche parte della salute, di modo che se c’è amore, uno ama sé stesso e chi gli sta davanti. Tanto è più grande l’amore quanto meno è condizionato. Con questo non voglio dire che l’amore debba essere incondizionato, senza limiti, ma che la natura del vero amore è come una luce che irradia in tutte le direzioni. Non si ama “per la tale cosa”, perché ci gratifica, perché ci approvano, perché ci danno amore o perché una persona ha determinate caratteristiche, determinati meriti, ma piuttosto si ama il ‘tu’, l’altro, si ama l’essere che c’è dietro ognuno. Questa qualità d’amore, che è parte integrante di tutte le tradizioni religiose, è un fattore transpersonale.”
Claudio Naranjo
Il tipo di amore di cui parla Naranjo è proprio quello con cui Moshe Feldenkrais ha lavorato, quello che esprimono tutti i geni nella loro opera anche quando non sono empatici come lui certamente era.
Fin dal primo incontro con il Metodo ho riconosciuto la portata superiore del tipo di insegnamento che offriva e me ne sono perdutamente innamorata; avevo trovato il Corpo della Poesia, univo infine parti di me all’Essere amorevole, alla follia sublime, in totale libertà, senza alcuna identificazione concettuale, al sacro Vuoto
“Un po’ di pazzia a primavera
è sana anche per un re,
ma Dio protegga il matto –
che medita la scena portentosa –
l’intero esperimento verde –
come roba sua!”
Emily Dickinson
Negli anni di corso è stato interessante osservare i compagni da questo mio punto di vista; molti di loro hanno scelto per ragioni professionali, per la bontà dei risultati, per una specializzazione, qualcuno per una ‘chiamata’ inconsapevole, pochi per un percorso personale. In realtà, il percorso è insieme personale e transpersonale.
Ma attraverso il corpo, grazie ad un gruppo nutrito di insegnanti eccelsi abbiamo compreso le cose migliori, concretamente, tra serietà, libertà e leggerezza, e soprattutto senza inutili maternage o pastoie relazionali con le figure di riferimento, un aspetto importante per la crescita nei soggetti adulti.
In questa vita nulla di ciò che conta si apprende velocemente e il processo di cambiamento s’è addensato tra noi in maniera disomogenea nel tempo, ma durante l’ultimo anno, come sempre, magicamente si è attuata la catarsi: al corpo della poesia ci siamo arrivati tutti, più o meno consapevoli ma il nostro cuore era sciolto, abbiamo imparato come essere felici nel profondo, insieme nello stato di Flow.
Per molti di noi non posso dire quanto sia durata, ma in ogni modo il seme è stato piantato e l’albero cresce sempre.
Quel che avviene nella professione lo descrive bene Weiner
“La tecnica è innegabilmente utile e giovevole, ma soprattutto occorre ricordarsi che noi siamo esseri miracolosi, prodigiosamente capaci di aiutare gli altri, per il solo fatto di sviluppare le qualità inerenti alla nostra stessa consapevolezza.
La magia proviene dal cuore e dall’anima del professionista Feldenkrais; sono questi gli elementi che già portiamo nel nostro lavoro, e sono convinto che molti di noi sono arrivati al metodo Feldenkrais per sviluppare ulteriormente proprio questo aspetto.”
Martin Weiner
La qualità della nostra vita si basa su ciò che siamo in grado di essere come entità complete in noi e con gli altri, nel mondo, e il Metodo non è una pratica qualunque. I suoi sviluppi, oltre ad aiutare la nostra salute, elevano il nostro ‘essere umani’ in modo inaspettato, finché un giorno scopriamo di poter vivere ed amare in modo migliore.
Bisogna essere santi
per essere anche poeti:
dal grembo caldo d’ogni nostro gesto,
d’ogni nostra parola che sia sobria,
procederà la lirica perfetta
in modo necessario ed istintivo.
Noi ci perdiamo, a volte, ed affanniamo
per i vicoli ciechi del cervello,
sbriciolati in miriadi di esseri
senza vita durevole e completa;
noi ci perdiamo, a volte, nel peccato
della disconoscenza di noi stessi.
Ma con un gesto calmo della mano,
con un guardar “volutamente” buono,
noi ci possiamo sempre ricondurre
sulla strada maestra che lasciammo,
e nulla è più fecondo e più stupendo
di questo tempo di conciliazione.
Alda Merini