Fra in Flow, Courtesy G. Palumbo, 2019
Fra in Flow, Courtesy G. Palumbo, 2019
“Entrerai nel flusso solo provando piacere per quello che fai. Dipingere casa, costruire modellini o progettare un razzo intergalattico hanno lo stesso valore (da questo punto di vista). È così che dai il meglio di te. Concentrazione, motivazione, gratificazione, tutto in un unico momento di profonda consapevolezza. Niente male, no?”
Alessandro Milani, Ispirarsi
PDF per stampa: leggere comodi e sani
Il Flow è uno stato particolarmente piacevole e proficuo che si presenta quando, attraverso un grado di attenzione senza sforzo, la concentrazione scivola spontaneamente in uno spazio creativo extra ordinario.
Lo riconoscerete perché genera un senso di completezza.
Feldenkrais®Flow è una guida semplice al focus del Metodo, l’attenzione nel momento presente, ovvero il mezzo essenziale per l’efficacia della pratica nel renderci sani, a partire dal corpo coi suoi disagi fino ai possibili disequilibri della personalità.
Il Metodo Feldenkrais® esprime un suo specifico Flow.
La focalizzazione dell’attenzione nel movimento induce l’acquietamento del pensiero, libera diversi tipi di energie e conduce al collegamento con il nostro sovra mentale, di cui il Flow è un’espressione.
Ma occorre lasciare che quel che avviene in noi si faccia da sé, sempre più semplice e fluido.
Così iniziamo ad apprendere e accogliere uno stato di benessere superiore che si manifesta nel concreto.
Tale costellazione promossa dal Metodo è attiva, e se anche non ne siamo subito coscienti, agisce, come dice Feldenkrais ‘che lo vogliamo o no’.
Come presentato in altre pagine di questo racconto, si può dire che lo stato di Flow, dal punto di vista della fisica, sia il nostro divenire più coerenti, materialmente, grazie alla risonanza con il campo EM quantistico unificato, base dell’universo fisico.
In condizioni propizie le oscillazioni del nostro sistema entrano in fase e si accordano con quelle del campo: abbiamo così accesso alle potenzialità di auto equilibrio che gli sono proprie, in uno stato particolare di profonda vitalità pacificante.
Il che corrisponde, nelle pratiche orientali, al vivere o almeno all’incontrare il Flusso di coscienza del nostro stato di armonia originaria o supercoscienza.
“Il campo purifica tutte le cose con le quali viene a contatto. Purificare significa ripristinare la forma originaria, lo stato primordiale. L’universo, che è espressione del perfetto equilibrio, trova origine nella purezza; pertanto il campo unificato, fonte di ogni cosa, purifica tutto ciò con cui viene a contatto.”
Deepak Chopra, ‘La via della prosperità’, Armenia ed.
Diversamente da altre fonti di flusso, che giungono alla nostra soglia di percezione attraverso l’addizione dell’intensità emotiva o della perfezione tecnica (es. sport), il Metodo e in particolare Feldenkrais®Flow ci accomodano nell’Adesso per sottrazione, anche tramite una profondità del non-fare.
In tal senso il Metodo è più vicino alle tradizioni rivolte alla crescita interiore
“È quel momento in cui senti di essere in uno stato di grazia, dentro a una “bolla” lontana da ogni distrazione. Sei tu e quello che stai facendo, e tutto il resto non riesce nemmeno a sfiorarti.”
Alessandro Milani, Ispirarsi
Conoscono il Flow i praticanti di ogni arte, gli sportivi, i ricercatori del trascendente e quelli delle scienze, ma anche chiunque abbia fatto esperienza dell’essere completamente presenti in ciò che si fa.
Il più chiaro esempio di questo si trova in tutte le pratiche orientali, artistiche, marziali, meditative e curative.
“Ciò che interessa ai mistici orientali è la ricerca di un'esperienza diretta della realtà che trascenda non solo il pensiero intellettuale, ma anche la percezione sensoriale.”
Fritjof Capra, Il Tao della fisica, Adelphi ed.
Una virtù dell’arte Feldenkrais è quella di facilitare l’accesso a tale predisposizione umana.
Gli estratti da Deepak Chopra ci danno qualche cenno riguardo al Flow, dalla ricerca occidentale
“Poiché la psicologia convenzionale si concentra fondamentalmente sugli stati anormali, sulle nevrosi e le psicosi, ha ben poco da dire circa gli effetti della gioia, mentre la medicina interna non ne ha mai detto nulla.
Certamente qualcuno ha avuto la possibilità di apprezzare momenti di estasi: poeti, figure religiose e anche gente comune, ma la connessione con i più alti stati di salute non è stata scoperta fino a quando lo psicologo Abraham Maslow, Negli anni cinquanta e sessanta, cominciò a studiare un gruppo di persone di successo che egli definì ‘autorealizzate’.
Maslow scoprì ben presto che questi individui conducevano tipi di vite estremamente diversi e fortemente individuali. Tuttavia, al di là delle differenze, Maslow scoprì che molti di essi avevano avuto quelle che lui definì peak experiences, momenti di intenso benessere e di gioia. In simili occasioni queste persone sperimentavano una totale trasformazione della loro realtà personale, in loro fluiva uno straripante senso di potere e tutti si sentivano profondamente tranquilli e in sintonia con la vita.
Gli atleti e gli artisti più dotati testimoniano di momenti in cui senza sforzo superano le capacità che sono abituati a riconoscersi. …’ vi sono momenti eccezionali... qualcosa di inspiegabile prende il sopravvento e dà un soffio di vita all'esistenza abituale. L'atleta va al di là di sé stesso, trascende il naturale, fluisce nella performance attingendo ad una fonte di cui non era consapevole’.
Maslow rimase enormemente impressionato e il suo pionieristico studio allargò di molto la gamma delle esperienze positive considerate normali per la psiche umana. Tuttavia egli non riuscì a individuare un modo per riuscire a provocare una peak experience, non ne trovò mai la fonte.”
Deepak Chopra, Benessere totale, SKe ed.
Il Flow è definito secondo le esperienze da cui scaturisce, come ‘esperienza ottimale’, ‘flusso creativo’ o essere ‘in the zone’, essere ‘nell’Adesso’, ‘Non-mente’, ‘Danza cosmica’ e altro ancora, ma, semplificando, è l’avere accesso anche in modi molto diversi al Flusso di coscienza, cioè quello stato di ‘presenza lucida’, superiore a quella mentale percepita ordinariamente, in cui la soggettività si fonde piacevolmente in uno stato ‘spazioso’, in cui ci si sente alleggeriti da ogni peso e si sta bene.
“La felicità piena direi che è un po’ paradossale, perché non è tanto stridente come la felicità che conosciamo prima di avere la capacità di metterci in contatto diretto con noi stessi, è come se fosse meno rumorosa, più invisibile, più legata alla soddisfazione …non so dirlo, solo la musica riesce ad esprimere i vissuti, non le parole.
Essenzialmente la mia risposta alla domanda è che la felicità viene dalla realizzazione spirituale.”
Claudio Naranjo, Riflessioni sul Senso della Vita, intervista di Ivo Nardi, 2012
Una profonda serenità che, essendo serenità senza apparente motivo, nella mentalità occidentale non viene presa sul serio. Eppure su di essa si fonda felicemente la vita di molti esseri umani.
E andando oltre
“Recentemente gli psicologi clinici hanno scoperto una condizione priva di sforzo in cui spesso vengono a trovarsi le persone creative. Questa condizione è comunemente chiamata flusso. Nei periodi di flusso, i progetti di lavoro sembrano andare avanti da soli e anche la più profonda concentrazione non richiede alcuno sforzo. Finché sono nel flusso, persone creative di ogni tipo provano la piacevole sensazione di essere sollevate lontano, al di sopra delle loro ordinarie capacità. l'inconveniente… è che la permanenza nel flusso è intermittente.
Finché la scienza non cominciò a indagare seriamente sulla meditazione, questi fenomeni non ebbero una spiegazione convincente. Oggi si sa che la sensazione di essere nel flusso punta a una condizione più profonda e prolungata, che gli studiosi hanno definito ‘superfluidità’.
La superfluidità è analoga al flusso nel senso che l'attività richiede meno sforzo, ma in questo caso lo sforzo è ridotto a un minimo assoluto. Nello stato superfluido, l'azione diventa completamente automatica.
La superfluidità nella consapevolezza appare quando la meditazione ‘raffredda’ il processo del pensiero. La mente, ai livelli più silenziosi del processo di pensiero, si scopre più ordinata, fino ad avvicinarsi all'ordine assoluto del puro silenzio senza scivolare completamente in esso. In quel punto esatto, al confine quantico della mente, è ancora possibile pensare e agire, ma seguendo regole differenti. Si sperimenta l'espansione senza sforzo e una specie di creatività ‘senza attrito’ che non può essere scoperta nello stato di veglia ordinario”
Deepak Chopra, Benessere totale, SKe ed.
Ha studiato e nominato per il grande pubblico questo fenomeno lo psicologo americano Mihály Csíkszentmihályi, la cui opera più conosciuta è ‘Teoria del Flow’, saggio elaborato dagli anni settanta e pubblicato nel 1990
“Il Flow, o esperienza ottimale (spesso citato come trance agonistica nel linguaggio sportivo), è uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in un'attività che, dotata di obiettivi pratici, trova però in sé stessa e nel proprio stesso svolgimento lo scopo precipuo del suo realizzarsi.
Questa condizione è caratterizzata da un totale coinvolgimento dell'individuo: focalizzazione sull'obiettivo, motivazione intrinseca, positività e gratificazione nello svolgimento di un particolare compito.”
Questo concetto è poi stato elaborato in campo psicologico, pedagogico, artistico e sportivo, ed è tuttora ragione di studio in diversi campi di ricerca.
Una simpatica sintesi in questa breve presentazione dell'autore
se vi occorre, ricordate di attivare i sottotitoli in italiano
Nel secolo scorso il fenomeno in sé era già noto sotto forme diverse agli innovatori nelle scienze umane, antropologiche ed educative, ricercatori della psiche e della filosofia, attraverso gli studi sul comportamento degli animali e degli umani, fino alle interazioni tra individuo, ambiente e cultura.
Un esempio è dato dalle ricerche antropologiche su fenomeni transpersonali ed estatici, proprietà naturali, rituali religiosi o curativi delle culture originarie di tutto il mondo.
Veronica Leva, psicologa e terapeuta, ci racconta invece delle ricerche che Wolfgang Pauli, Nobel per la fisica 1945, condusse con Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica, su fenomeni psichici e fisici come sincronicità ed entanglement, molto legati allo stato di flusso per diversi aspetti tra cui l’interazione evidente tra materia densa e sottile.
Un esempio concreto: le persone che si trovano a vivere uno stato di Flow o riconducibile ad esso, accedono a diverse possibilità inaspettate, come un veloce miglioramento fisico o mentale, o l’arrivo di un messaggio importante che si attendeva da tempo, ma anche un cambiamento propizio di circostanze.
“Tra Jung e Pauli tra il 1932 e il 1957 intercorse una lunga amicizia epistolare durante la quale si scambiarono idee e opinioni su questioni importanti riguardanti la Fisica e la psicologia del profondo.
[…] Esempio di sincronicità è l’entanglement quantistico: una particella è in grado di influenzare istantaneamente un’altra particella anche se sono distanti anni luce una dall’altra. Questo concetto supera il principio fisico della località secondo il quale i processi fisici non possono avere effetto immediato su elementi fisici in un luogo separato da quello in cui avvengono.
[…] Secondo Jung e Pauli, il fenomeno della sincronicità crea quel collegamento tra fisica e psicologia che tanto hanno cercato, evidenziando una connessione profonda fra i vari eventi del mondo fisico e psichico. Entrambi quindi, arrivano ad un nuovo concetto di realtà né propriamente fisica, né propriamente psichica: psiche e materia sono reciprocamente indifferenziate.
L’inconscio collettivo di Jung è diventato elemento di unione tra psicologia e paradigmi della fisica quantistica.”
Veronica Leva
Nel mentre, dagli studi evoluti in ambito infantile risultava evidente nel bambino la capacità spontanea di concentrazione e l’esistenza di stati particolari in cui l’attrazione al focus attentivo è talmente radicale e coinvolgente da spostare letteralmente il soggetto in un distacco totalizzante e felice dal quale può essere distolto solo al completamento dell’azione o tramite coercizione. È stato ampiamente dimostrato come le capacità del bambino, se agevolato nella sua naturale predisposizione, aumentino esponenzialmente con grande soddisfazione di sé e del proprio ambiente.
Bene, questo può succedere a tutti finché siamo in vita, poi non sappiamo, conviene ritrovarlo ora.
“La virtù nasce da una soddisfazione con sé stessi perché si è trovata la radice del proprio essere, quando uno trova sé stesso le azioni diventano buone. C’è una riga del Tao Te Ching che dice: ‘La virtù somma non si fa virtù, per questo ha virtù’, più o meno il cinese suona così, ovvero, la virtù non ha la caratteristica, la voglia di essere virtuosa, la virtù è virtù perché è naturale, perché è spontanea.”
Claudio Naranjo, Riflessioni sul Senso della Vita, intervista di Ivo Nardi, 2012
Come detto più sopra, molte sono le fonti di flusso e, ben diversamente che nella trance agonistica o di altro tipo performativo, nel Metodo si dà un assaggio alla Non-mente della pratica Zen.
Vivere un gesto, un’azione o una staticità apparente, che è sempre nel momento presente e che è tale solo se noi siamo nella possibilità di non utilizzare il pensiero, questo è lo stato di Non-Mente.
Tratto da un delizioso articolo divulgativo pubblicato in accademiadellaviamarziale.it
“Mushin (無心) dal giapponese, è uno stato mentale in cui un artista marziale addestrato si pone durante il combattimento. La pratica di questo stato mentale avviene anche durante le attività quotidiane.
Il termine etimologicamente è l’abbreviazione di mushin no shin (無心 の 心), un’espressione zen che significa “la mente senza mente o mente piena di vuoto” e viene anche definito lo stato di “non-mente”. Cioè, una mente non fissa o occupata dal pensiero o dall’emozione e quindi aperta a tutto.
Alcuni maestri credono che mushin sia lo stato in cui una persona comprende finalmente l’inutilità delle tecniche e diventa veramente libera di muoversi. In effetti, quelle persone non si considereranno più come “combattenti” ma semplicemente esseri viventi che si muovono attraverso lo spazio.
Spesso vicino al termine Mushin, si trova un cerchio irregolare non chiuso, il disegno di una pennellata che rappresenta un cerchio aperto e dalle nostre ricerche si tratta di un Ensō (円相) che in giapponese significa cerchio. Nella pittura Buddhista Zen, l’Ensō (simbolo sacro nel Buddhismo Zen) esprime un momento in cui la mente è libera di lasciare che l’insieme corpo-spirito sia creativo ed è spesso usato dai maestri come firma nelle loro opere.
Un semplice cerchio disegnato con una sola pennellata che rappresenta l’unione tra l’inconscio e il consapevole, il vuoto e il pieno, l’esecuzione di un esercizio senza pensiero.
Il leggendario maestro Zen Takuan Sōhō disse che la mente deve essere sempre nello stato del ‘fluire’
“La mente deve essere sempre nello stato dell’acqua che scorre, e non si ferma da nessuna parte: quando il flusso si interrompe, questa interruzione blocca la serenità della mente”
L’esercizio, l’allenamento quotidiano, dovrebbe essere per un artista marziale il veicolo attraverso il quale potrebbe raggiungere la pace, l’appagamento, la serenità, l’esecuzione di un esercizio fisico e/o spirituale, senza pensieri, la NON-MENTE.”
Mu Shin – la mente piena di vuoto di un Guerriero, 2018
Ma ciò che nasce insieme alla virtù della Non-mente è la virtù del Non fare, un altro aspetto fondamentale del Flow, un fluire con la via lattea Coscienziale, la cui apparente fissità genera la Vita.
“Ivi non giunge la vista, né la parola, e neppure la mente. non sappiamo né conosciamo in quale modo lo si può insegnare…”
Kena-upanişad
il non fare
“Restare sani di mente in un mondo sempre più folle è la sfida del nostro tempo. Come si fa, se siamo presi di continuo dal chiacchiericcio della nostra mente, se siamo spaventati dalla sensazione di esserci persi, di essere rimasti isolati, di non essere in contatto con ciò che ha un minimo di significato e con quel che siamo realmente, quando sentiamo che tutto il nostro darci da fare è vuoto, quando ci rendiamo conto di quanto sia breve la vita?
Alla fine, è solo l'amore a poterci far intuire che cosa è davvero reale, che cosa conta davvero. E dunque, sì, ha senso un atto radicale d'amore, amore per la vita e per l’emergere del proprio vero sé.”
Jon Kabat-Zinn
In quest’epoca di follia, il ‘non fare’ è l’arte delle arti, l’unica che può salvaguardare la salute mentale nel mondo. Potete facilmente vedere dove l’eccesso del fare spinga l’umanità, persino nelle piccole cose.
Perciò, anche il ‘non fare’ più basico come quello della pigrizia si può considerare già un valore aggiunto, in un contesto culturale che da secoli costringe gli esseri umani, talvolta fin dalla più tenera età, ad una produttività spesso cieca ed insensata, entrata a far parte della nostra mente tanto che, se un individuo fermo sotto un albero guarda verso i rami più alti per più di un minuto (e contate quant’è un minuto), magari inconsciamente ma lo etichettiamo in giudizio senza appello come ‘non conforme’. Non lo facciamo apposta, ci hanno disegnati così, con un preconcetto automatico sul presunto ‘diverso nullafacente’.
Però qui, quel che intendo come ‘non fare’ non è pigrizia ma, è quell’Arte massima del sapersi fermare scientemente, e dello stare, lì, sereni in quel che è. Vi è mai capitato?
E anche qui, i bambini sono i nostri migliori maestri.
Se i geni come Moshe Feldenkrais non avessero avuto in sé stessi la virtù del ‘tornare bambini’, cioè vedere il mondo nella sua coerenza naturale senza dogmi, non avrebbero scoperto nulla di davvero importante e molti di noi sarebbero, ancor più di ora, nell’età della buia incoscienza.
Il bambino fino all’ingresso nella scuola è un creatore. Senza pregiudizi né nozionismi è il detentore della vera sapienza, dell’empirismo scientifico. Nulla, e dico nulla, può essere per lui un’irrealtà, perché anche quel che a noi (che ci gongoliamo dietro le spesse lenti dell’oscurantismo) pare solo ‘infantile’, non è altro che l'espressione di ciò che riceve dal transpersonale. Infatti lui è ancora, quasi sempre, nel Flow.
Bene, il bambino sano, in un ambiente mediamente sano che propone pochissima tecnologia (e da questo punto di vista anche le famiglie di una volta di ogni ceto sociale, che si disinteressavano spesso totalmente delle attività dei piccoli, erano più sane di quelle attuali), ha un suo tempo completamente costruttivo che prevede un alternarsi di attività e inattività.
Questo ‘non fare’ è altamente specializzato, atto all’elaborazione e all’assimilazione non razionale di ogni esperienza sia esterna che interna, fisica, mentale, spirituale.
“L’intelligenza interiore del corpo è il genio supremo e definitivo della natura. In essa si riflette la saggezza del cosmo.” Detto Vedico, da D.Chopra, Benessere Totale, SKe
In genere il bambino è in movimento, ma a tratti si ferma, lascia tutto, sta lì e guarda, qualcosa o il vuoto, si sposta lentamente, non pensa, sembra non far niente, a volte per lungo tempo.
In quei momenti la sua attenzione è in uno stato più simile al transpersonale, non sappiamo quale né come, è invisibile; forse se il piccolo è in un’età adatta possiamo parlarne un po’ con lui, ma anche se si tratta di uno stato elusivo è in ogni modo decisamente percepibile.
Poi a un tratto torna presente nello spazio comune e inizia un nuovo ciclo di attività, soddisfatto e pieno di novità da mettere in campo…
Attualmente i bambini naturali sono una rarità in via d’estinzione e ‘li si può osservare’ solo nei percorsi scolastici ed educativi libertari all’avanguardia o nelle loro famiglie.
A qualunque età però, la naturalezza si può riscoprire, con le Arti così come col Metodo.
Alessandro Milani, creativo e autore, scrive riguardo al sacro non fare
“Se dico “creatività”, qual è la prima cosa che pensi? Probabilmente un gesto creativo.
L’atto creativo, tuttavia, rappresenta solo la parte conclusiva del processo che porta a realizzare qualcosa di nuovo […] Una delle parti più difficili da gestire, ad esempio, è l’incubazione. Quel momento, a volte piuttosto lungo, in cui il cervello elabora le informazioni e le riorganizza nell’illuminazione (quando cioè ci si accende la lampadina). In apparenza sembra che non succeda niente e restiamo in una specie di limbo improduttivo che ci lascia perplessi. […] Questa sensazione può anche metterci a disagio, soprattutto se consideriamo la creatività a partire da “quanto” sta producendo.
[…] Cosa succede infrangendo le cosiddette “regole non scritte” sul non fare niente? Un esempio è quello che ci mostra l’artista finlandese Pilvi Takala nella sua performance The Trainee.”
Alessandro Milani, Ispirarsi, Pilvi Takala e l’apprendistato del non fare niente
Vi invito a godervi questo importante filmato sulla performance di Pilvi Takala, The Trainee, installazione del 2008, esperimento sociale che mette in scena il "non fare" in un ambiente lavorativo. Nel suo sito racconta
"Ciò che provoca le persone riguardo a questo "non fare", a parte la stranezza, è l'elemento di resistenza. La persona che non fa non è impegnata in nessuna attività, quindi ha il potenziale per qualsiasi cosa. È il non fare che non ha un posto nell'ordine generale delle cose, e quindi è una minaccia all'ordine. È facile sradicare qualsiasi attività anti-ordine in corso, ma il potenziale per qualsiasi cosa è uno stimolo continuo senza una soluzione."
Pilvi Takala
Immagino l’impegno che è stato necessario a quest’artista (così come ad altri famosi performers) per entrare autenticamente nel mood indispensabile a vivere lunghe ore senza attività ed essere al contempo origine di mutamento, motore immobile degli accadimenti nell’ambiente circostante. Opera vivente, arte in sé.
È davvero importante andare oltre nell’osservare le situazioni non comuni, anche attraverso il filtro dell’esperienza altrui che sempre l’Arte ci offre poiché chiamata a farlo, per dirci qualcosa che non sappiamo di noi e magari di che cosa non dobbiamo avere paura.
Con l’Arte del ‘non fare’ si apprende che la vita non è costretta nella sua apparente finitezza, ma che al contrario si apre in trame sempre nuove, come bambole russe, solo che noi lo si voglia.
Certo Takala ha potuto cogliere nella sua opera la ‘Consapevolezza Nuda’ che vive nell’assenza dell’azione, nella sottrazione, quella di cui si nutrono i ‘ricercatori d’infinito’, i poeti, quella di cui non ci accorgiamo perché non sappiamo arrenderci al fatto di essere Lei, e che non ci fermiamo ad ascoltare. Quella vacuità che nei bambini rende visibile l’invisibile.
Così com’è, quindi, la perfezione superiore delle cose fa sì che anche chi non può o non vuole fare abbia accesso ad uno stato di miglioramento e benessere a cui spesso chi fa molto non può accedere.
Un segreto nascosto nella calma della lentezza, ma vitale e mobile come il vento di maestrale, è la sostanza del Metodo, perché quel che sembra assenza d’azione è proprio ciò che crea il mutamento.
E come dentro al maestrale, troverete in ogni lezione semi di Flow pronti a germogliare, dai quali a suo tempo nasceranno le azioni migliori, le più lievi, eleganti, efficaci.